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riferire appartengono all’elettricità vindice. Ma non che indovinare, durerete
forse fatica a credere la costante vivacità de’ segni, e più la straordinaria
loro durevolezza, che è veramente quale ve la propongo, senza termine o
limiti, mentre osservato avrete, che troppo lungi ne sono que’ che s’ottengono
dalle lastre di vetro tenute in conto delle più eccellenti, e guernite della con-
sueta armatura d'una foglia metallica reputata essa pure la più acconcia a
tal uopo; infatti con tale apparato si hanno da principio alcune vive scintille,
ma che ben presto illanguidiscono e durano per lo spazio di poche ore in tempi
ancora favorevolissimi. Perciò appunto io ho rifiutato e le une e le altre sosti-
tuendo alla lastre di vetro quelle di ceralacca, di zolfo, o d’altra resinosa ma-
teria; e alle sottili e pieghevoli foglie surrogando altre armature metalliche
sì, ma ferme, e di volume assai più amplo, e modellate su lodevole forma d’un
capace conduttore. E con ciò quantunque mi sembri d’avervi data un’idea
generale della somma di questo nuovo apparato, permettetemi ch’io vi de-
scriva parte a parte quello di cui fa uso, che è semplicissimo, e la maniera
di trarne i promessi vantaggi.

Ho dunque un piatto di stagno con l’orlo che rileva poco più d’una mezza
linea, d’un piede di diametro, entro cui ho versato un mastice fuso composto di
trementina, ragia, e cera, steso e rassodato in una superficie piana e lucida.
Ne ho parecchi altri e più grandi e più piccioli di legno eziandio al cui fondo
è incollata una laminetta di piombo, e in cui ho versato ove zolfo, ove cera-
lacca ed ove altri mastici di varia composizione, ma l’indicato di sopra ch’io
fo di tre parti di trementina due di ragia ed una di cera bollite insieme per
più ore, mescendovi in fine alquanto di minio ad oggetto di avvivarne il co-
lore, l’ho trovato il più comodo e il migliore. Fa l’officio di armatura al di
sopra un legno dorato della figura a un di presso d’uno scudo di dieci pollici
di diametro e alto due all’incirca, piano nella base che dee combaciare col
mastice, alquanto convesso nei lati o sia nel contorno. Dal centro della con-
cavità sorge un manico di vetro o meglio di cera lacca ben levigato, che ha
gli spigoli (e ciò rileva assai) smussati e ritondati. Chiamerò dunque quest’ar-
matura col nome di scudo. Stimo superfluo l’avvertire, che mi attengo ordi-
nariamente ad uno scudo di legno dorato, perchè meno dispendioso e più
leggiero e manesco che uno di metallo sodo. Peraltro avendo in seguito pen-
sato a farne uno d’ottone tutto cavo interiormente a foggia di una scatola,
che serve per un altro apparato minore portatile in tasca, truovo che m’offre
in compenso non piccioli vantaggi, uno rilevante, che è quello d’essere più for-
bito, e perciò di dissipar meno l’elettricità: gli altri di sola appariscenza, e
comodo, per atto d’esempio di render sonore le scintille anche meno vive; e di
poter racchiudere in esso vari stromenti che vengono ad uso, come caraffe,
manichi per isolare, palle, fili ec.

Eccovi, Signore, tutto l’apparato -