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farete fare un altro più ben tirato, e lo coprirete di buona vernice copale, che
vi riuscirà assai meglio. Ma meglio ancora riesce una tela incerata fina, li-
scia, e nitida, che non sia però fresca: finchè fa freddo mantenendosi ella
secca e dura è ottima davvero: si può ricoprirne un piano qualunque; ma
torna meglio stenderla sopra un telaio, che così arrendendosi si adatta be-
nissimo alla lamina metallica che vi posate sopra, la qual lamina perciò sarà
bene che sia gravata da qualche discreto peso. Io ho un simile telaio o quadro
di tela incerata nera, su cui posando uno scudo ordinario o elettroforo di
8, 10, 12 pollici di diametro, ed infondendo l’elettricità a questo scudo
coll’uncino di una boccetta di Leyden, che appena attrae un leggerissimo
filo, e alzandolo quindi anche dopo molti secondi mi vibra una scintilla di più
d’un pollice; me la vibra ancora, ma men grande, alzandolo dopo tre, quattro
minuti primi, e fin dopo un quarto, una mezza, un’ora intiera: me la vibra
ancorchè l’abbia toccato e ritoccato col dito o con la chiave sessanta, ot-
tanta, cento volte mentre ancor giaceva. Una tale tenacità dell’elettricità
infusa che non si dissipa per tali toccamenti lunghi e replicati, in grazia
dello starsi la lamina elettrizzata combaciata col piano semicoibente, è quello
che vi è di più sorprendente in queste sperienze; ma il più utile e vantag-
gioso si è che in tale stato riposando la detta lamina prenda sopra di
una molto maggior dose di elettricità sia da una boccia debolmente carica,
sia da una macchina che agisca poco, sia dal conduttore dell’elettricità atmo-
sferica che non segni, o li picciolissimi, di quella che prenderebbe
standosi isolata. Con ciò si ottiene, che levandola dopo dal piano semicoi-
bente compaiono segni cospicui e vivaci di quella elettricità, che altrimenti
rimarrebbe insensibile od inosservata. Or non vi piacerebbe, amico, di chia-
mare questo nuovo mio apparato micro-elettroscopio? Comunque vogliate
chiamarlo mi piacerà il sentire, che ve ne siate servito utilmente nella serie
delle vostre osservazioni meteorologiche.

Ho tardato io molto a mandarvi il piano semicoibente: ma voi avete
tardato più a mandarmi la stagnola, che aspetto ancora. Io avea raccoman-
dato al libraio MARGUILLARD, che fu ultimamente a Pavia, di farvene me-
moria, e di dirvi che potevate consegnarla a lui. Fatelo, se vi piace, o cercate
conto del Canon-d’-oro, che vi suggerii un’altra volta, o almeno consegna-
tela all’istesso abate VILLA, o al dott. LAMBERTENGHI, che al principio d’anno
saran di ritorno a Pavia. Addio intanto. Sono con tutta l’amicizia

Vostro affezionatissimo amico
A. VOLTA