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piantato un manico di vetro, o di ceralacca, o invece è guernito di tre cor-
doncini di seta

Preferisco i cordoncini di seta al manico di vetro, il quale rare volte isola bene,
a cagion dell’umido, che facilmente la di lui superficie contrae. Se lo intonaco di ceralacca,
o di mastice, egli mi serve assai meglio; ma sempre riescono più bene i cordoncini di seta,
che sian mondi, i quali posso tener lunghissimi, e riescono al di più commodissimi per una
macchina picciola da tasca, dove il manico solido sarebbe imbarazzante.

onde poterlo levare, e tener in alto isolato.

II. A metter in azione l’Elettroforo, conviene imprimere l’Elettricità
sulla faccia resinosa. Ciò fassi od eccitandola sopra la medesima immedia-
tamente per isfregamento; o portandovela per comunicazione.

III. Per communicazione si può prendere da qualunque corpo elettriz-
zato, e. g. dal conduttore di una macchina Elettrica ordinaria, dallo scudo
di un altro Elettroforo già animato, da una boccia carica per l’esperienza di
Leyden, dalla spranga Frankliniana

Ritenendo l’Elettroforo con tanta costanza l’elettricità una volta impressavi, e po-
tendosi anzi in esso perpetuare come vedremo, è pur bella, e stupenda cosa il poter dire
l’elettricità che qui giuoca è ancor di quella che vi ho tirata giù da una nuvola tempestosa
mesi sono, anni sono.

: e imprimere si può sulla faccia re-
sinosa, sia questa nuda, o sia coperta dal suo scudo.

IV. Se è nuda, bisogna far piover le scintille, ossia imprimervi l’Elet-
tricità non sopra un sol punto, ma bene spargerla ampiamente sulla faccia
resinosa passandovi sopra il corpo Elettrico, cioè o la boccia carica, o il con-
duttore, o lo scudo (§ preced.), in modo che ne venga quella ad esser vi-
sitata in lungo, e in largo.

V. Se è ricoperta del suo scudo, basta che il corpo elettrico lo tocchi
anche per un sol punto; mentre l’elettricità ricevuta per qualunque punto
tosto si comunica a tutto il corpo dello scudo, e vi si carica; onde esso poi
ne imprime, e distribuisce su tutti i punti della faccia resinosa che copre.

VI. Ma non vi imprime già tutta quella che esso scudo riceve: una buona
parte ne ritiene per sè; com’è facile accertarsene alzandolo isolato. Ricer-
casi dunque più forte elettricità a metter in azione l’Elettroforo per questa
guisa, che per l’altra d’imprimere immediatamente l’elettricità sulla faccia
resinosa nuda (§ 4), facendovi girar sopra il corpo elettrico.

VII. Il modo d’eccitar l’elettricità per isfregamento, comecchè diversi
mezzi adoperar si possano, ed attitudini diverse per istropiciare, si riduce
poi sempre ad un solo, che è di fare scorrere più, o meno bruscamente, con
più, o meno di pressione, e di celerità un corpo sopra l’altro

Senza ancora che un corpo scorra sopra l’altro, la sola percossa produce l’elettri-
cità; più difficilmente però, e in minor grado. È stato creduto, che il solo calore in varj corpi,
e la sola fusione nel zolfo, e nelle resine bastassero ad eccitarla. Ma tranne la Tormalina,
che gode di tale proprietà singolarissima di divenne elettrica col solo riscaldarla, e quello, che
è più notabile, riscaldandola fin anche col vapore dell’acqua bollente, tutti gli altri corpi
vengono bensì a ricevere, da un previo calore intenso, o da un’attuale moderato l’ottima
disposizione ad elettrizzarsi, ma con quel solo non è mai che l’elettrica virtù vi si desti. Tale
ottima disposizione dal calore indotta fa, che qualunque leggerissimo sfregamento, qua-
lunque impercettibile percossa, o pressione, poco o molto di elettricità tosto vi facciano
comparire. Così il zolfo, e certe resine di fresco fuse, e finchè nitidissime sono, toccar non
si possono neppur colle dita, senza che i punti toccati dian quinci alcun segno di elettri-
cità. Se poi la massa traesi dal vaso in cui è stata fusa, e modellata, ecco che in tutta
quella superficie che fu in contatto del vaso dispiega assai vigorosa elettricità. Qual ma-
raviglia? Essa ha pur sofferto più che leggiero toccamento, anzi vero sfregamento pria nel
raffreddarsi, e contrarsi delle sue parti nel vaso; e poi anche nell’ismoverla, e staccarnela.
Io ho fatto alcune sperienze per vedere qual più leggier toccamento, e compressione basti
ad eccitare qualche segno di elettricità anche sul vetro

Quanto segue in questa nota (d) è autografo del V. e si riproduce nella pagina prece-
dente, in facsimile. Tutta questa nota poi manca nell’appendice di O 12: però il contenuto di
gran parte di detta nota, e quasi sempre anche colle stesse parole, appare nei § 34 e 35 di O 12.
È da notare però che mentre nella nota (d) in oggetto non si esclude che basta forse il solo con-
tatto a sbilanciare il fluido elettrico, a conclusione dei fatti esposti nel § 34, il successivo § 35
di O 12, dice invece così: « Di qui appare che lo sfregamento agisce soltanto in ragione di
« pressione, cioè che questa propriamente sia la cagione prossima movente l’Elettricità ».
Ciò permette di concludere che tale nota (d), e con essa la redazione definitiva di I 1 sia poste-
riore ad O 12.

In Cart. Volt. F 4, si ha una lettera in data 8 agosto 1775, del Matematico Barnabita
Paolo Frisi al V., che si pubblica per l’accenno alla persistenza dei segni elettrici nell’Elet-
troforo, che il Frisi erroneamente riconoscerebbe al contatto [Nota della Comm.]

Cart. Volt. F 4.

All'Ill.mo Sig. Sig. P.ron Col.mo
Il Sig. Don Alessandro Volta
Como.

Amico Car.mo e Stim.mo

Milano, 8 Agosto 1775.

Ho inteso tutto dall’ultima sua, e me ne rallegro moltissimo. Quello che parmi diffi-
cile si è che non si abbia una diminuzione dell’elettricità nel cavare scintille, anche con
rinnovare sempre il giuoco del contatto. Quando poi non si avesse veramente nessuna di-
minuzione sensibile, questa sarebbe la prova che il contatto sia un equivalente strofinamento.
Avevo dato al GALEAZZI la sua lettera da mettere sulla gazzetta. Ma avendo trovato la
stessa negli opuscoli ho ritirato la lettera. Qui si sono già fatte molte macchine simili, e
per questa ragione le avevo suggerito di descrivere l’apparecchio. Ciò che ne dicono quelli,
a cui l'ha comunicata, lo potrà intendere da loro medesimi. Io sono qui per servirla, e per
renderle sempre ogni maggiore giustizia. Resto colla solita stima, e riconoscenza sottoscri-
vendomi

Suo vero ed obblig.mo serv.re
FRISI.

. Ho scelto una piccola lastra di
cristallo nitidissima, ed asciugatala, bene al sole in giornata di freddissima tramontana, l’ho
prima esplorata per accertarmi che non desse alcun indizio di elettricità: in tale stato l’ho
posata per una delle sue faccie sopra un morbido cuscinetto di marrocchino: allora ac-
costando un sottilissimo e mobilissimo filo alla faccia superiore e a quella parte che corri-
spondeva al contatto dell’inferiore col cuscino nessun movimento benchè minimo ho po-
tuto osservare, che ad elettricità si potesse attribuire; bensì spiccando la lastra dal cu-
scinetto su cui riposava, appena ne lo ebbe abbandonato che coll’attrazione del filo mani-
festò si dall’una che dall’altra faccia sensibile elettricità. Egli non è a dire quanto compa-
risse più viva cotesta elettricità se al tempo che posava la lastra io la premeva alquanto
sul cuscino; ad ogni modo non compariva mai che allo staccarnela. Ho fatto la medesima
sperienza e coll’istesso successo, anzi migliore posando la lastra di cristallo sopra il mer-
curio; ogni volta che la levavo dal contatto di esso mi dava chiarissimi segni elettrici. Or
da queste sperienze rilevasi che una piccola pressione vale a far passare il fuoco elettrico
da un corpo all’altro, ne’ quali poi trovandosi sbilanciato manifestasi coi soliti segni sol
quando si separano: non vorrei neppure assicurare che di pressione faccia bisogno; basta
forse il contatto solo; e la pressione non per altro promove maggiormente l’effetto che per-
chè adduce più punti al contatto: così la percossa favorisce dippiù; e lo sfregamento, mul-
tiplicando quasi infinitamente i contatti delle superficie.

; ma ben