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nuova del successo di quel mio di legno, grande circa due piedi. Siccome però
intorno a questo, e ai mezzi d’ingrandirlo ancora di molto ho avuto occasione
di scriverne più diffusamente a Don Marsilio, e al Padre Barletti, a’ quali
avea promesso di farne saper l’esito, mi parrebbe mancare all’amicizia e ai
patti nostri, se vi tenessi coperta alcuna cosa, e a voi comunicassi un zero
meno, che ad altra persona qual si fosse. Dovea e volea anzi comunicar tutto
a voi prima d’alcun altro; ma l’aspettar di vedere qualche vostra, ha fatto
che anticipassi di tre o quattrole preparate notizie ai due sopranominati,
cui era in debito di scrivere. Così procedendo il posporvi da colpa vostra,
accontentatevi, caro Canonico, che vi trascriva il contenuto nella lettera al
padre Barletti, e in quella a Don Marsilio, che è presso a poco la mede-
sima [1] .

Vi ho detto già come pensava d’or in avanti di costruire l’apparato por-
tatile, per avere in un egual volume assai maggiore capacità. In luogo di
stendere il mastice sopra un piatto, lo stendo nella cavità d’un emisfero,
dando poi allo scudo la stessa conveniente figura. Trovo anche meglio del-
l’emisfero divisato un cono troncato, che può esser lungo benissimo d’un
palmo, e largo quanto porta l’apertura della tasca: un’altro cono ch’entri
nella cavità del primo mi fa l’ufficio di scudo, e può chiudere in seno una
boccia di discreta capacità e l’uno e l’altro facendoli di latta, oppur lastra
di rame, ottone ec., e tutto insieme porta poco peso, e men imbarazzo. Ma
io non voglio curarmi tanto di questi apparati portatili, dell’eleganza,
quanto della grandiosità degli effetti di cui fan pompa i grandi: sicchè
mi tratterrò a parlare dell’apparato mio massimo.