Como li 18 aprile 1777.

C. A.

Vi ringrazio delle osservazioni vostre sull'opera mia spiegatemi nella
lunga lettera de' 2 corrente. Non vi dispiaccia ch'io le ricorra; che infine
vi farò parte d'alcune nuove sperienze, che vi diletteranno.

Vi pare che io estenda troppo il dominio dell'aria infiammabile. Certo
s'io pretendessi stabilire come verità e fatti le grandiose idee dei tremuoti,
delle Aurore Boreali, ecc., che ho accennato all'entrar della lettera 5a [1] , mi
si potrebbe dire ch'io mi pasco sol di sistemi immaginarj, e abuso delle ipo-
tesi; ma io ho avuto troppa cura d'avvertire, che quelle eran mere idee fanta-
stiche, suggeritemi più dall'estro che dall'osservazione al lume di qualche ana-
logia e lontana probabilità: l'aria che ho dato a quelle idee, mostra ciò ch'io
ne pensassi nell'avventurarle. Quello però che ho di proposito sostenuto, e che
sostengo, or piucchè mai è l'infiammabilità tutta e unicamente propria dell'aria
infiammabile: e questo pure non sembra andarvi a garbo. Ho detto e dico
infiammabilità, perchè egli è un farmi passare troppo in , attribuendomi
che ogni combustione nella mia sentenza proceda dall'aria infiammabile. Mi
pare per altro essermi spiegato abbastanza chiaro su questo punto, distin-
guendo l'infiammazione dalla semplice combustione. Questa ho detto essere
una sforzosa scomposizione del flogisto dalla sua base, e continuo trascorrimento
di esso nell'aria comune; e ho soggiunto (pag. 110) che ciò solo non fa la fiamma,
ma è un semplice abbrugiamento, come accade nel carbone. La fiamma adun-
que è quel dippiù che risulta dallo svolgersi tra l'ardore, e l'avvampare di
quella sostanza aerea, che diciamo aria infiammabile, e si estrae da qualunque
corpo sia capace d'arder con fiamma. Vi convien leggere di nuovo quelle
righe della pag. cit., oppure l'estratto, che della mia operetta si è inserito
nel Vol. degli Opusc. di questo mese. Ivi pag. 48. trovo ben presentate