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duttore, non era altrimenti necessario, potendo compiere un tal officio, ossia
servire alla richiesta comunicazione delle due armature, un capo della stessa
lamina d’argento, o della stessa lamina di stagno, prolungato fino al mutuo
contatto, m’appigliai ben tosto a questo comodo spediente, ora in una or in
un’altra maniera; ora es. gr. applicando al dorso della lingua la parte larga e
convessa di un cucchiajo d’argento, e venendo quindi giù a toccare col suo
manico la foglia di stagno posta sulla punta della lingua; ora ripiegando ad-
dosso al cucchiajo la stessa foglia di stagno, o carta così detta d’argento, appli-
cata alla punta della lingua in modo, che un lungo pezzo ne sopravvanzava;
ora altrimenti. Facendo e rifacendo in varie guise queste sperienze, ebbi occa-
sione di osservare, che posta un’armatura sulla punta della lingua, poteva
porsi l’altra anche vicinissima sulla lingua medesima, sulle gengive, o sul-
l’interior delle labbra; e che non era neppur necessario, che fossero tali arma-
ture estese molto, bastando anzi il combaciamento di pochi punti: conforme a
quanto trovato già avea, che bastano picciolissime armature dei soliti stagno
e argento, o di altri metalli, purchè diversi tra loro, poste sopra un nervo, ed
anche sopra un nudo muscolo, e confinanti lembo a lembo, non che vicine l’una
all’altra, bastan, dico, tali picciolissime e prossime armature, ove s’induca la
necessaria comunicazione tra loro mediata od immediata, ad eccitare le con-
trazioni ecc.. Così dunque anche sulla lingua miriusciva benissimo l’esperimento
del sapore, adoperando qual si fosse picciola moneta od altra piccola laminetta,
d’argento, d’oro, di rame od ottone, se toccando con questa laminetta in qua-
lunque maniera pochi punti della nuda lingua ai confini dell’armatura di stagno
o di piombo ricoprente similmente pochi punti dell’apice di essa lingua, veniva
finalmente a far toccare un metallo coll’altro. Allora mi suggerì di far la prova
con sovrapporre ad una lamina d’argento una listerella di foglia di stagno,
oppur della solita carta inargentata a falso, e così applicata tal listerella sulla
lamina d’argento, o bordo a bordo, o in linea trasversale, portare la punta
della lingua e premerla alquanto contro ambedue i metalli su quella linea di
confine, sicchè alcuni punti di essa lingua combaciassero lo stagno, alcuni l’ar-
gento; e il successo corrispose all’aspettazione: cioè sentij vivissimo il sapore
acido (f) . Ecco dunque come venni, dopo una serie di tentativi, a coincidere
coll’antica sperienza riportata da SULZER, la quale sperienza unica, ed isolata,
non essendo neppure a mia cognizione, come già dissi, non ha potuto darmi
alcun lume.