Una nuova determinazione delle dimensioni molecolari
Dissertazione inaugurale per il conferimento del titolo di dottore in filosofia (sezione matematico-scientifica) della Università di Zurigo
presentata da Albert Einstein

Traduzione dal tedesco di A. Chierico dall’originale
“Eine neue Bestimmung der Moleküldimensionen“, Bern: Buchdruckerei K. J. Wyss, 1906

Le più antiche determinazioni della vera grandezza delle molecole sono state rese possibili dalla teoria cinetica dei gas, mentre i fenomeni fisici osservati nei liquidi non sono serviti finora per la determinazione delle grandezze molecolari. Ciò dipende senza dubbio dalle difficoltà, finora insormontabili, che si contrappongono allo sviluppo di una teoria cinetico-molecolare dei liquidi che si spinga nei dettagli. In questo lavoro verrà mostrato che la grandezza delle molecole della materia disciolta in una soluzione diluita non dissociata si può individuare dall’attrito interno fra la soluzione ed il solvente puro, e dalla diffusione della materia disciolta nel solvente, se il volume di una molecola di sostanza disciolta è grande rispetto al volume di una molecola del solvente. Una siffatta molecola disciolta infatti, rispetto alla sua mobilità nel solvente ed il relazione al suo influsso sull’attrito interno di quest’ultimo si comporterà all’incirca come un corpo solido in sospensione entro un solvente, e sarà consentito applicare al moto del solvente nelle immediate vicinanze di una molecola le equazioni idrodinamiche, nelle quali il liquido viene considerato omogeneo, e quindi non viene presa in considerazione una struttura molecolare dello stesso. Come forma di corpi solidi, che rappresenterebbero le molecole disciolte, scegliamo quella sferica.

§1. Dell’influsso sul moto di un liquido da parte di una piccolissima sfera sospesa in esso.

Prendiamo a base della considerazione un liquido incompressibile omogeneo, con coefficiente d’attrito k , le cui componenti della velocità, u, v, w siano date in funzione delle coordinate x, y, z e del tempo. A partire da un punto arbitrario x₀, y₀, z₀ immaginiamoci le funzioni u, v, w come funzioni di x-x₀, y-y₀, z-z₀ sviluppate in serie di Taylor, e nell’intorno di questo punto sia delimitata una regione G tanto piccola che all’interno di essa solo i termini lineari di questo sviluppo debbano venire considerati. Il moto del liquido contenuto in G può allora, come noto, considerarsi come sovrapposizione di tre moti; precisamente

1. uno spostamento parallelo di tutte le particelle di liquido, senza mutamento delle loro posizioni relative,
2. una rotazione del liquido senza mutamento delle posizioni relative delle sue particelle,
3. un moto di dilatazione in tre direzioni mutuamente perpendicolari (assi principali di dilatazione).

Immaginiamoci ora nella regione G un corpo rigido sferiforme, il cui centro sia in x₀, y₀, z₀, e le sue dimensioni siano piccolissime rispetto a quelle della regione G . Assumiamo inoltre che il moto in considerazione sia talmente lento che l’energia cinetica della sfera, come pure quella del liquido, possano venire trascurate. Si assuma ulteriormente che le componenti della velocità di un elemento di superficie della sfera coincidano con le corrispondenti componenti della velocità delle particelle di liquido immediatamente vicine, cioè che anche lo strato di separazione (immaginato continuo) presenti dappertutto un coefficiente di attrito interno non infinitamente piccolo.

È senz’altro chiaro che la sfera prende parte ai moti parziali 1 e 2, senza modificare il moto del liquido nelle vicinanze, dal momento che per questi moti parziali il liquido si comporta come un corpo rigido, e noi abbiamo trascurato gli effetti dell’inerzia.

Ma il moto 3 viene modificato dalla presenza della sfera, ed il nostro prossimo compito sarà di indagare l’influsso della sfera su questo moto del fluido. Riferiamo il moto 3 ad un sistema di coordinate i cui assi siano paralleli agli assi principali di dilatazione, e poniamo

allora quel moto, nel caso che la sfera non sia presente, si può rappresentare mediante le equazioni:
(1) ;
A, B, C sono costanti che, data l’incompressibilità del liquido, soddisfano la condizione:
(2) A+B+C = 0.

Se ora nel punto x₀,y₀,z₀ si trova la sfera rigida di raggio P , allora nell’intorno della stessa si modifica il moto del liquido. Nel seguito, per ragioni di comodità, indicheremo P come «finito», invece i valori ξ, η, ζ, per i quali il moto del liquido non viene più modificato in modo avvertibile da parte della sfera, come “infinitamente grandi”.

In primo luogo, per la simmetria del moto del liquido considerato, è chiaro che la sfera nel moto in considerazione non può eseguire una traslazione una rotazione, e noi otteniamo le condizioni al contorno :
u = v = w = 0 per ρ = P ,
dove è posto
.

Qui, u, v , w rappresentano le componenti di velocità del moto ora considerato (modificato attraverso la sfera). Se si pone
(3)
allora, siccome il moto rappresentato nelle equazioni (3), passando all’infinito si trasferirebbe nelle equazioni (1), le velocità u₁,v₁,w₁ dovrebbero scomparire all’infinito.

Le funzioni u, v , w devono soddisfare le equazioni dell’idrodinamica, tenendo conto dell’attrito interno e trascurando l’inerzia. Quindi valgono le equazioni 1)
(4) [1*]
dove Δ indica l’operatore
.
e p la pressione idrostatica.

Poiché le equazioni (1) sono soluzioni delle equazioni (4), e queste ultime sono lineari, anche le grandezze u i, v i, w i, devono, per le (3), soddisfare alle equazioni (4). Io determinai u i, v i, w i, e p in base a un metodo indicato al § 4 delle citate lezioni di Kirchhoff 2) e trovai
(5) [5*]
dove
(5a)

Si dimostra facilmente che le equazioni (5) sono soluzioni delle equazioni (4). Infatti, siccome

e
,
si ottiene
.

Ma l’ultima espressione ottenuta è, in base alla prima delle equazioni (5), identica a [6*] . Allo stesso modo si mostra che le seconda e la terza delle equazioni (4) sono soddisfatte. Si ottiene inoltre
.

Ma siccome, in base all’equazione (5a),
,
segue che anche l’ultima delle equazioni (4) è soddisfatta. Per quanto concerne le condizioni al contorno, allora in primo luogo per valori infinitamente grandi di ρ le nostre equazioni per u, v , w si trasformano nelle equazioni (1). Inserendo il valore di D dall’equazione (5a) nella seconda delle (5) si ottiene:
(6) [7*]

Si riconosce che u , per ρ = P , scompare. Per ragioni di simmetria, la stessa cosa vale per v e w . È così dimostrato che attraverso le equazioni (5) sono soddisfatte sia le equazioni (4) che le condizioni al contorno del problema.

Si può anche dimostrare che le equazioni (5) sono l’unica soluzione delle equazioni (4) compatibile con le condizioni al contorno del problema. La dimostrazione verrà qui soltanto accennata. In uno spazio finito, le componenti u, v , w della velocità di un liquido soddisfino alle equazioni (4). Se esistesse ancora un’altra soluzione U, V, W delle equazioni (4) per cui al contorno dello spazio considerato sia U = u, V = v , W = w , allora ( U-u, V-v, W-w ) sarebbe una soluzione delle equazioni (4) per la quale le componenti di velocità al contorno dello spazio scompaiono. Quindi al liquido che si trovi nello spazio considerato non viene fornito nessun lavoro meccanico. Siccome abbiamo trascurato la forza viva del liquido, ne consegue che anche nello spazio considerato il lavoro trasformato in calore è uguale a zero. Si deduce che in tutto lo spazio deve essere u = U, v = V, w = W [8*] nel caso che lo spazio sia, almeno in parte, limitato da pareti in quiete. Mediante passaggio al limite, questo risultato può venire esteso anche al caso in cui, come nel caso considerato sopra, lo spazio in questione sia infinito. Si può così dimostrare che quella trovata sopra è l’unica soluzione del problema.

Circondiamo ora il punto x₀, v₀, z₀ con una sfera di raggio R , in cui R sia infinitamente grande rispetto a P , e calcoliamo l’energia che nel liquido situato entro la sfera sia (nell’unità di tempo) trasformata in calore. Questa energia W è uguale al lavoro meccanico effettuato sul liquido. Se ora si indicano con X n, Y n, Z n le componenti della pressione esercitata sulla superficie della sfera di raggio R , allora è
,
dove l’integrale è da estendere alla superficie della sfera di raggio R. Accanto a ciò, è
[9*]
dove

Le espressioni per u, v , w si semplificano se teniamo presente che per ρ = R i termini col fattore scompaiono di fronte a quelli col fattore . Dobbiamo porre:
(6a) .

Dalla prima delle equazioni (5), trascurando il dovuto, otteniamo per p :

Otteniamo dapprima:
[13*]

E da qui
. [14*]

Con l’aiuto delle espressioni per Y n e Z n ricavabili per scambio ciclico si ottiene, trascurando tutti i termini che contengono il rapporto P/ ρ ad una potenza superiore alla terza,
[15*]

Integrando su tutta la sfera e tenendo conto che
[16*]
si ottiene:
(7) , [17*]
mentre è posto
[18*]
e
.

Se la sfera non fosse presente (Φ = 0) si otterrebbe per l’energia consumata nel volume V
(7a) .

Per la presenza della sfera, quindi, l’energia consumata viene diminuita di 2δ² k Φ. È degno di nota che l’influsso della sfera sulla grandezza dell’energia consumata è proprio altrettanto grande come sarebbe se attraverso la presenza della sfera il moto del liquido che la circonda non venisse affatto modificato.

§ 2. Calcolo del coefficiente d’attrito di un liquido nel quale siano sospese moltissime sferette in distribuzione disordinata.

Noi abbiamo in precedenza considerato il caso che in una regione G , dell’ordine di grandezza definito sopra, si trovi sospesa una sfera assai piccola rispetto a questa regione, ed abbiamo esaminato in che modo questa influenzi il moto del liquido. Vogliamo ora assumere che nella regione G sia distribuita in disordine un’infinità di sfere di raggio altrettanto così piccolo che il volume di tutte le sfere insieme sia assai piccolo rispetto alla regione G. Il numero delle sfere per unità di volume sia n , dove n è costante in tutto il volume, a meno di quantità trascurabili.

Partiamo ora di nuovo dal moto di un liquido senza sfere in sospensione, e consideriamo di nuovo il più generale moto di dilatazione. Se non sono presenti sfere, allora, per opportuna scelta del sistema di coordinate, possiamo rappresentare le componenti di velocità u₀,v₀, w₀ nel punto arbitrario x, y, z della regione G mediante le equazioni:

dove
A + B + C = 0.

Una sfera sospesa nel punto x v, y v, z v influisce ora su questo moto nel modo evidente dall’equazione (6). Siccome noi scegliamo la distanza media fra sfere vicine come molto grande rispetto al loro raggio, e di conseguenza le componenti accessorie della velocità provenienti dall’insieme di tutte le sfere in sospensione sono assai piccole rispetto a u₀, v₀, w₀, , allora per le componenti u, v , w della velocità nel liquido con riguardo alle sfere in sospensione, e trascurando termini di ordine superiore, otteniamo:

dove la sommatoria va estesa a tutte le sfere della regione G , e si è posto

x v, y v, z v sono le coordinate dei centri delle sfere. Dalle equazioni (7) e (7a) concludiamo inoltre che la presenza di ciascuna sfera, a meno di termini infinitesimi di ordine superiore, ha come conseguenza un aumento di δ² k Φ [19*] della produzione di calore per unità di tempo, e che nella ragione G l’energia per unità di volume trasformata in calore ha il valore:
,
ovvero
(7b) ,
dove φ indica la frazione di volume occupata dalle sfere.

L’equazione (7b) solleva l’impressione che il coefficiente d’attrito della miscela inomogenea, da noi considerata, tra liquido e particelle sospese (nel seguito indicata brevemente come “miscela”) sia minore del coefficiente d’attrito k del liquido. Però non è questo il caso, dal momento che A, B, C non sono i valori delle dilatazioni principali del moto del liquido rappresentato nelle equazioni (8); noi chiameremo A*, B*, C* le dilatazioni principali della miscela. Per ragioni di simmetria segue che le direzioni di dilatazione principale della miscela sono parallele alla dilatazioni principali A, B, C , quindi agli assi coordinati. Se scriviamo le equazioni (8) nella forma:

allora otteniamo

Se escludiamo dalla considerazione le immediate vicinanze delle singole sfere, allora possiamo omettere i secondi e terzi termini delle espressioni di u, v , w ed otteniamo, per x = y = z = 0:
(9) [23*]
dove si è posto
.

Tenendo presente la (9) otteniamo:
,

E analogamente
B * = B (1-φ)
C * = C (1-φ)

Se poniamo

allora, a meno di infinitesimi di ordine superiore.
.

Per lo sviluppo di calore per unità di tempo e di volume abbiamo trovato:
[24*]

Se indichiamo con k * il coefficiente d’attrito della miscela, allora è:
W * = 2δ*² k *.

Dalle ultime tre equazioni si ricava, trascurando infinitesimi di ordine superiore:
k * = k (1+ 2,5φ).

Otteniamo dunque il risultato:
Se in un liquido vengono sospese piccolissime sfere rigide, allora il coefficiente di attrito interno cresce di una frazione uguale al volume complessivo delle sfere sospese nell’unità di volume, nell’ipotesi che questo volume complessivo sia assai piccolo.

§ 3. Sul volume di una sostanza disciolta, il cui volume molecolare sia grande rispetto a quello del solvente.

Si abbia una soluzione diluita di una sostanza non dissociata nella soluzione. Una molecola della sostanza disciolta sia grande rispetto ad una molecola del solvente, e venga considerata come una sfera rigida di raggio R . Possiamo allora applicare il risultato ricavato al § 2. Se k* indica il coefficiente d’attrito della soluzione, e k quello del solvente puro, allora è:
,
dove φ è il volume complessivo delle molecole per unità di volume della soluzione.

Vogliamo calcolare φ per una soluzione all’1% di zucchero in acqua. Secondo le osservazioni di Burkhard (Tabelle di Landolt-Börnstein) per una soluzione acquosa di zucchero all’1% è k */ k = 1,0245 (a 20° C), quindi φ = 0,0245 per (quasi esattamente) 0,01 g di zucchero. Un grammo di zucchero sciolto in acqua ha quindi sul coefficiente d’attrito lo stesso influsso come piccole sfere sospese di volume complessivo 0,98∙342/ N cm³. [25*]
In questa considerazione viene trascurato l’influsso della pressione osmotica corrispondente allo zucchero disciolto sull’attrito interno del solvente.

Si deve ora rammentare che 1 g di zucchero solido occupa il volume di 0,61 cm 3 . Lo stesso volume si trova anche per il volume specifico s dello zucchero in soluzione, se si concepisce la soluzione zuccherina come una miscela di acqua e zucchero in forma disciolta. La densità di una soluzione zuccherina all’1% (riferita alla stessa temperatura dell’acqua) a 17,5° è precisamente 1,00388. Si ha quindi (trascurando la differenza di densità tra l’acqua ae l’acqua a 17,5°):
;
quindi
s = 0,61.

Mentre dunque la soluzione zuccherina, per quanto concerne la sua densità, si comporta come una miscela di acqua e zucchero solido, l’influsso sull’attrito interno è quattro volte maggiore di quanto risulterebbe dalla sospensione di una uguale quantità di zucchero. Mi sembra che questo risultato, nel senso della teoria molecolare, non possa essere interpretato altrimenti che assumendo che la molecola di zucchero che si trova in soluzione impedisca la mobilità dell’acqua immediatamente circostante, cosicché una quantità di acqua, il cui volume è all’incirca il triplo del volume della molecola di zucchero, è incatenato alla molecola di zucchero.

Possiamo quindi dire che una molecola di zucchero disciolta (o risp. la molecola fissata assieme all’acqua) si comporta, in senso idrodinamico come una sfera di volume 2,45∙342/ N cm 3 , dove 342 è il peso molecolare dello zucchero ed N il numero effettivo delle molecole in una grammo-molecola.

§ 4. Sulla diffusione di una sostanza non dissociata in soluzione acquosa.

Si abbia una soluzione come è stata considerata al § 3. Se sulla molecola, che noi consideriamo come una sfera di raggio P , agisce una forza K , allora la molecola si muove con una velocità ω che è determinata da P e dal coefficiente d’attrito k del solvente. Vale infatti l’equazione 3)
(1) .

Questa relazione la utilizziamo per il calcolo del coefficiente di diffusione di una soluzione non dissociata. Se p indica la pressione osmotica della sostanza disciolta, che per la soluzione diluita considerata è da considerare come l’unica forza motrice, allora la forza esercitata nella direzione dell’asse X sulla sostanza disciolta, per unità di volume della soluzione è = -δ p/ δ x . Se ci sono ρ grammi nell’unità di volume, ed è m il peso molecolare della sostanza disciolta, N il numero effettivo di molecole in una grammo-molecola, allora ( ρ /m ) N è il numero (effettivo) di molecole nell’unità di volume, e la forza agente su una molecola in seguito al gradiente di concentrazione:
(2) .

Se la soluzione è sufficientemente diluita, allora la pressione osmotica è data dall’equazione:
(3) ,
in cui T è la temperatura assoluta, ed R = 8,31∙10 7 . Dalle equazioni (1), (2) e (3) otteniamo, per la velocità di migrazione della sostanza disciolta:
.

La quantità di sostanza che nell’unità di tempo in direzione dell’asse X attraversa la sezione unitaria è infine
(4) .

Quindi, per il coefficiente D di diffusione otteniamo:
(5) .

Si può dunque dal coefficiente di diffusione e dal coefficiente di attrito interno del solvente calcolare il prodotto fra il numero N di molecole effettive in una grammo-molecola ed il raggio molecolare P idrodinamicamente efficace.

In questa derivazione, la pressione osmotica è stata trattata come una forza agente sulla molecola singola, il che evidentemente non corrisponde al concetto della teoria cinetica molecolare dal momento che, secondo quest’ultima, nel caso attuale la pressione osmotica è da immaginare solo come forza apparente. Questa difficoltà tuttavia scompare se si tiene presente che alle (apparenti) forze osmotiche, che corrispondono alle diversità di concentrazione della soluzione, si può fare equilibrio (dinamico) mediante forze numericamente uguali, contrapposte, agenti sulle singole molecole, come si può facilmente riconoscere per via termodinamica.

Alla forza osmotica , agente sull’unità di massa, si può fare equilibrio mediante la forza (applicata alle singole molecole disciolte) - P x, quando
.

Se ci si immagina quindi applicati alla sostanza disciolta (per unità di volume) i due sistemi di forza P x e - P x , che si annullano a vicenda, allora - P x fa equilibrio alla pressione osmotica, e come causa di moto rimane solo la forza P x , numericamente uguale alla pressione osmotica. Con ciò è eliminata la difficoltà di cui si è detto. 4)

§ 5. Determinazione delle dimensioni molecolari con l’aiuto delle relazioni acquisite.

Al § 3 abbiamo trovato
,
dove n indica il numero di molecole disciolte per unità di volume, e P il raggio molecolare idrodinamicamente efficace. Se si considera che
,
in cui ρ indica la massa di sostanza disciolta presente nell’unità di volume, ed m il suo peso molecolare, allora si ottiene:
.

D’altronde, al § 4 si è trovato:
.

Queste due equazioni ci mettono in condizione di calcolare singolarmente le grandezze P ed N , delle quali N deve risultare indipendente dalla natura del solvente, dalla sostanza disciolta e dalla temperatura, se la nostra teoria corrisponde alla realtà dei fatti.

Vogliamo effettuare il calcolo per la soluzione acquosa dello zucchero. Secondo le indicazioni fornite sopra sull’attrito interno della soluzione zuccherina, segue dapprima, a 20°C:
NP 3 = 200.

Secondo gli esperimenti di Graham (calcolati da Stefan) il coefficiente di diffusione dello zucchero in acqua a 9,5°C è 0,384, se si prende il giorno come unità di tempo. La tenacità dell’acqua a 9,5°C è 0,0135. Inseriremo questi dati nella nostra formula per i coefficienti di diffusione, anche se sono stati ottenuti per soluzioni al 10%, ed una precisa validità della nostra formula non è da aspettarsi a concentrazioni così elevate. Otteniamo:
NP = 2,08∙1016.

Dai valori trovati per NP3 ed NP segue, trascurando la diversità di P a 9,5° e a 20°,
P = 6,2∙10-8 cm,
N = 3,3∙1023.

Il valore trovato per N concorda, quanto a ordine di grandezza, in modo soddisfacente con i valori trovati con altri metodi.

Berna, 30 aprile 1905.